Posts Tagged "Poesia"


Sabato 19 Ottobre alle ore 18 nella sala della Biblioteca comunale di Bibbiena Elisabetta Gangi alla presenza dell’autrice presenterà il libro “Schegge di legno bucoso” di Erica Italiani. Letture    a cura del gruppo “A viva voce”.

“Schegge …

Racconti, storie, poesie … sono frammenti.

Alcuni cadono vicini a ciò che li ha provocati.

Altri neanche se ne distaccano.

Altri invece schizzano lontano

e te li ritrovi dove meno te li aspetteresti.

Comunque bisogna lasciarli andare.

Dove vogliono.

A inseguire il proprio destino.”

Quelli di Erica Italiani sono racconti e storie ricchi di simbologie e rimandi che attingono alla tradizione ma che riscrivono una nuova identità, sorprendente e contemporanea, diventando allo stesso tempo strumento per diffondere la cultura dell’ascolto, del rispetto e della conoscenza di sé, degli altri e dell’ ambiente di cui siamo parte. Sono storie che ci spingono a una riflessione sulla libertà e sull’ autodeterminazione, come quella di Eleonora “che schiacciava le capsule” o quella di Simone che troverà nella musica la sua strada. Le poesie si affacciano con grazia qua e là, e sono inviti ad assaporare tutto il bello che la vita offre, sono parole calde di comprensione, sono sprazzi di colore e folate di vento. Il dolore non ci è risparmiato ma l’autrice trova sempre la forza per tirarsene – e noi con lei – fuori. E questa forza sta nel fatto che sembra conoscere bene quello che racconta, ci dà l’impressione di non entrare nelle vite degli altri ma di accedere alla sua per trasformarla in qualcosa che riguarda tutti. Il suo è uno scrivere che, attraverso connessioni inaspettate, arriva all’anima semplice delle cose e alla loro verità, attraverso accostamenti imprevisti di aggettivi o di pensieri. La sua è una scrittura ricca, come la vita da cui attinge. Ogni storia ci parla dell’urgenza di riuscire a dire davvero qualcosa. Non c’è un racconto superfluo, c’è commozione e una continua ricerca dell’identità dell’autrice, sempre saldamente declinata al presente.

Erica Italiani, casentinese, una grande passione per la scrittura, è collaboratrice di Casentino Più. “Schegge di legno bucoso” è il suo primo libro.

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“Il Lottatore” è l’autobiografia di Guido Nasi, scandita in due parti divise da un capitolo centrale che narra l’aggressione che gli ha spezzato la vita. Nella prima parte l’autore racconta gli anni tesi e spensierati di bambino guizzante, di adolescente in eterna competizione con gli amici  e alle prese con i primi sentimenti. La seconda parte è il resoconto doloroso e avvincente della sua lotta strenua contro il male. Si alternano momenti di speranza e di disillusione, di coraggio e abbattimento. La forza di Guido è la determinazione a vivere pur sapendo che non potrà più avere indietro la vita di prima. Ogni capitolo del testo contiene accenni alla produzione poetica e narrativa di Guido, alternati a efficaci consigli “tecnici” sul modo corretto di operare con i disabili.

Guido Nasi è nato nel 1982 a Torino dove fino ai diciassette anni ha condotto la vita di normale ragazzo vivace, pronto, intelligente, appassionato di astronomia e di bicicletta. Nel luglio del 1999 a Dublino subisce un’aggressione per rapina e viene colpito alla testa con una bottiglia di birra. Dopo un coma di quarantacinque giorni, si sveglierà segnato a vita dall’emorragia cerebrale. Da quel giorno è in carrozzina, è muto e muove solamente la mano sinistra. Ma pensa, studia, scrive e osserva il mondo. E vorrebbe andare a vivere in campagna.

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Bibbiena Editoria Arte 2016


Posted By on Ago 6, 2016

BeamaniBEA-Bibbiena Editoria Arte (qui il programma) riparte per la sua terza edizione con le stesse prerogative delle prime (2014, 2015), per dare spazio e voce alle più diverse forme d’espressione artistica e creativa. Un’edizione, quella che si snoda nel mese di settembre 2016, di cui filo conduttore è la musica, non come quinta sonora, come semplice contrappunto o accompagnamento per altre forme di arte, piuttosto come elemento espressivo che riesce a dialogare, a costruire dialettiche concrete con ogni altra creazione artistica, cui contribuisce aggiungendo cromatismi nuovi ed inattesi, giocando un proprio protagonismo oltre i momenti canonici cui è comunemente relegata.
Ma BEA 2016 si presenta anche con altre novità rispetto alle edizioni precedenti. La prima riguarda i tempi, non più concentrati in un’unica settimana, che attraversano l’intero mese di settembre, così da dare la possibilità a chi volesse parteciparvi di poterlo fare con maggiore libertà di movimento. E poi i luoghi, non solo il centro storico di Bibbiena, ma anche le altre realtà del territorio, per coinvolgerle nella prospettiva di una rassegna sempre più partecipata e condivisa.
Anche quest’anno il calendario degli eventi è ricco e variegato, a partire da alcune ricorrenze che non potevamo trascurare (i 50 splendidi anni dell’Istituto “Ernesto De Martino”, cui è dedicata la giornata iniziale, e i 500 anni dell’Orlando Furioso che abbiamo voluto celebrare in modo non canonico rivolgendoci a quella geniale creazione poetica ed espressiva che è l’ottava rima), un calendario che, come è consuetudine per questa rassegna, non poteva trascurare ogni forma espressiva dell’arte. Mostre, concerti, libri, video, recital, sono la quintessenza di una rassegna che ha come obiettivo primario la ricerca di una cultura della contaminazione, perché se riescono a coesistere e dialogare tra loro artisti e forme d’arte lontane, allora ci si attende un contagio positivo che induca, in nome e per conto di un’incessante ricerca della bellezza, le donne e gli uomini in ogni contesto si trovino fare lo stesso. Vi ricordiamo anche che è possibile vedere, sino al 30 settembre 2016, presso ARCA, Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni, la mostra “Al tempo quando non c’era il tempo” di Aldo Palazzolo.

Alla pagina dedicata alla rassegna su questo stesso blog trovate il programma. Seguiteci anche su FB.

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Splendida serata quella del 9 luglio presso il Museo Archeologico di Bibbiena, per l’inaugurazione della mostra di Aldo Palazzolo “Al tempo quando non c’era il tempo”. Una serata ricca di suggestioni e molto partecipata, con una efficace introduzione di Elisabetta Gangi (presidente di Milleforme), arricchita dalle letture dell’attrice Emma Cardillo, dalla chitarra del Maestro Carlos Alberto Barbato, e conclusasi con il magistrale concerto dei Valle Santa Corde. Di seguito riportiamo alcune immagini della serata (foto di Giancarlo Gonnelli) e alcune note critiche (Giovanni Carbone)sull’esposizione.

EROS (La Genesi)

Se non c’è dubbio che tutto iniziò dall’Eros (se Eva avesse mangiato il serpente anziché la mela…), è anche vero che la sua ricerca è diventata ossessione e non fluida riscoperta dell’essenza stessa dei viventi, gesto semplice e naturale. Al contrario, l’Erotismo viene spesso derubricato a pratica immorale, lì dove invece è stata la fonte cui si sono abbeverati poeti ed artisti d’ogni epoca e luogo, o sostituita dall’esasperazione del motto, assai poco aulico, ogni lasciata è persa, surrogandone, in definitiva, il ruolo di riscoperta minimalista della sua essenza primordiale ed istintiva, delicata poesia di sensi, ad una kermesse di sovrastrutture, tacchi a spillo e cortisone compresi.

Nelle immagini della serie Frammenti di Marmo, Aldo Palazzolo, invece, si rivolge nuovamente a un Eros genetico, a quell’essenza perduta e sepolta dalla mondanità corrotta delle sovrastrutture, lo ritrova nella semplice e vertiginosa nudità delle forme. Continua, dunque, in una sorta di staffetta ideale, l’opera di recupero della materia primordiale, della forma nascosta, in parte già denudata degli eccessi materici di cave pregiate, da grandi estrattori di poesia umana, dai blocchi di marmo. 13524466_1074293895982159_2867248082993575148_n

Palazzolo, com’è aduso fare, non scatta per scattare, non ha tempo da sottrarre alle pigrizie del Sud, va giustappunto all’essenza, interrogando i marmi circa il pensiero di quei creatori che li hanno liberati, secondo modalità e prassi michelangiolesche, dall’involucro di materia morta, restituendoli alla vita; in questo compie ed esalta nel contempo il gesto erotico definitivo che solo può essere nella scoperta. Interrogando i marmi, con l’occhio obiettivo del ricercatore, deduce, e forse scopre, al di là d’ogni ragionevole dubbio, il nucleo fondante del pensiero antico che ha generato quella vita di pietra. Una vita che, oltre il pensiero della forma minimale da cui si è generata, è occultata da sovrastrutture, appunto, come certi vini del sud, serviti allungati con la gazzosa perché troppo difficili da buttar giù per corpo ed eccessiva adesione organolettica a terre aspre.

Palazzolo dunque denuda il dettaglio primigenio, individua in esso il nucleo generatore dell’opera, lo libera da ciò che non serve, dal tutto intorno da cui fu imprigionato dal benpensantismo che ad ogni epoca il declinante – per definizione – impero, impone all’umanità, perché non riscopra in sé, nella propria viva carne, ciò di cui ha veramente bisogno. Poi lo rende, in forme inequivocabili, annullando distanze temporali e aggiungendo il vuoto intorno, che non crea equivoci, ma che proietta in una dimensione immaginifica e sorprendentemente condivisa chi si trova al cospetto di quell’immagine.

THANATOS (Post Human)

Il potere più affascinante di una camera è quella certa proprietà trascendente di conservazione dell’anima, anche quando non c’è più il suo simulacro. Andrè Bazin

È nel gesto intriso di pietas della Veronica a ricoprire il viso martoriato del Cristo, che si cela il primo scatto fotografico, il primo sviluppo e con esso, la prima resurrezione.

Nel concretizzarsi di quel sogno d’immortalità donata, nell’imprimersi di un volto, di un’immagine che riprende vita nella camera oscura del tempo, c’è tutta la tecnica più evoluta, oltre alla volontà del gesto; altro che megapixel e photoshop… c’è un atto istintivo che procrastina la narrazione del ritratto all’infinito, come in un clic, il clic definitivo. Mummie-Savoca-copia

Il desiderio profondo di sopravvivere a se stessi, prolungando il proprio corpo al di là d’ogni barriera temporale, esorcizzare la caducità di un’esistenza in forme biochimiche sostituendola con l’essenza della pietrificazione che, scarnificando il bio, salva l’immagine e con essa la volontà d’aggrapparvisi in eterno, è cosa da pazzi, ma anche assai diffusa, dai faraoni a Faust, dai corredi funebri a Dorian Gray.

La pazzia di essere eterni è del Re, dell’Imperatore, del capo in quanto tale; il miserabile non vi aspira, prende quel che c’è, non vuole un monumento alla sua sciagura, non vuol diventare un Prometeo incatenato, gode delle pause in cui l’aquila è lontana semmai, e non banchetta con la sua carne viva; s’approfitta di quel che viene, pretende al massimo poco più, serene esistenze ad esempio, anche brevi s’è il caso, altro che vite eterne.

Che fine ha fatto Baby Jane? è invece roba da giorni nostri, da maquillage dovuti e ricercati, perché si nasconda la cosa più vera: che, in definitiva, ci apparteniamo per poco più di uno sbadiglio.

Palazzolo, che nemmeno nei più audaci voli pindarici riesce a rassomigliare alla Veronica, quando scende nella cripta dei Cappuccini di Savoca, fa una semplice operazione, chiude il cerchio. Illustra l’illustrazione, amplifica e mette il Re a nudo, denuncia la pazzia di conquista dell’eterno, mostrandoci il volto tumefatto e scarnificato del tentativo fallito. Chiude il cerchio, dico, di un giro ampio che dura millenni, dal lenzuolo della Veronica, che voleva in realtà nascondere l’orrore del martirio per preservare la bellezza della memoria, ottenendo l’opposto paradossale, il martirio post-mortem, la tecnica brutale che precede la tragica consapevolezza della morte dell’immortalità.

È dunque un cerchio chiuso, il tempo dell’immortalità, un cerchio che è la dimensione di ciò che si può spezzare, proprio come quelli incisi sulla sabbia da Archimede, a due passi da dove Palazzolo è nato, ucciso dalla barbarie per essersi distratto in una formula geometrica, per essere rimasto in contemplazione del giro perfetto. Il cerchio chiuso, dunque, la metafora di come le cose degli uomini possano essere mirabilie poetiche, maraviglie ed armonie in forme perfette, frutto esclusivo della ricerca del bello, ma che poi si trasfigurano nel potere e nel possesso e nella conseguente maledizione di portarseli dietro per sempre, in un’orgia di devastazione e di corruzione che quel cerchio spezza, definitivamente, nel semplice tempo d’un batter di ciglia.

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Invito mostra palazzolo1Un evento prezioso quello del 9 luglio alle 18,00, presso i locali del Museo Archeologico del Casentino Pietro Albertoni, in via Berni, 21 a Bibbiena (AR). Ad aprire la Notte Bianca nel borgo toscano, un evento che si snoda su più momenti legati dal fil rouge della qualità, della suggestione artistica, della sorpresa. Milleforme ha messo insieme esperienze diverse a cominciare dalle fotografie di marmi e mummie di ALDO PALAZZOLO (sarà presente all’inaugurazione), introdotto da Elisabetta Gangi. Immagini il cui commento è affidato alla chitarra del M° CARLOS ALBERTO BARBATO ed alle letture di EMMA CARDILLO.12993501_10209265356700550_8022277791874174667_n Il fotografo siciliano è fra i testimoni più importanti del nostro tempo avendo immortalato i più grandi protagonisti del mondo della cultura contemporanea. Personaggi illustri ma anche sconosciuti, ma anche dettagli sorprendenti ed inconsueti che racchiudono storie, segreti, interessanti sempre. Immagini che inquietano profondamente e spesso, quasi sempre anzi, seducono. Nel 1989 il critico Peter Weiermair lo segnala fra i ritrattisti più importanti al mondo allestendo l’esposizione e il catalogo per “Il ritratto nella Fotografia Contemporanea” con artisti come Andy Warhol, Robert Mapplethorpe, Annie Leibovitz, Bruce Weber, Mary Ellen Mark, Cleg & Guttman, Lynn Davis, Thomas Ruff. Ha esposto in manifestazioni di prestigio internazionale: da Arles, dov’è presente nel 1992 con una grande personale, alla Biennale di Venezia, ai festival di fotografia di Amsterdam, Liegi, Montpellier etc. Dal ’90 in poi vira verso una ricerca personalissima che lega l’elaborazione della foto alla riflessione sulla luce e sull’alchimia che denomina “Liquid Light”. È stato fotografo di scena nel film “Il Garofano Rosso” ed ha curato le scenografie degli spettacoli “Change de Peu” a Geneve e “Le vecchie e il mare”, dal testo del poeta greco Jannis Rytsos, a Catania e Genova. Autore dei video-ritratti dedicati a Manlio Sgalambro, filosofo catanese, ed Enzo Sellerio, fotografo e fondatore dell’omonima casa editrice palermitana. Ha fondato la rivista di arte e cultura internazionale Charade. Ma le suggestioni non terminano qui, proseguono nelle Milleforme delle cose che catturano, con le note che girano il mondo dei VALLE SANTA CORDE, vallesanta_fruehjahrstour-563x270note calde e virtuose, ma anche trasognate come soltanto può evocare chi suona con una certa sublime qualità dell’anima

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