Posts made in febbraio, 2015


Conversazioni d’autore sui massimi – ma all’occorrenza anche minimi – sistemi, con profili grosso modo figurativo-espositivi.artistsonly
Diamo per scontata la natura meticcia dell’uomo (in quanto specie e non genere), figlio di quell’abnorme ed innaturale incrocio tra le oche di Lorentz e il cane di Pavlov. Siamo il frutto bastardo dei condizionamenti ambientali, dunque, nel recuperare il senso etimologicamente più puro della parola politica, siamo parte tutti, chi più chi meno, di un complexus cui contribuiamo dialetticamente. L’artista non fa eccezione, anzi, egli può considerarsi come una sorta di soggetto eversivo (nel senso latino dell’e-vertere, cambiare direzione) giacché, come un’antenna, capta più o meno consapevolmente i segnali del proprio ambiente sociale e culturale (quindi politico) e, filtrandoli col proprio vissuto, li trasforma in determinazione creativa. Questa è talora in grado di anticipare ogni processo di trasformazione anche quando sensibilità non avvezze all’immaginazione – quindi ad andare oltre -, non sono capaci di coglierne nemmeno i vagiti più rumorosi. Nel pensiero unico politico-economico, che declina ogni scelta alla sua compatibilità monetaristica e mercantile, ancora l’artista può creare discontinuità sistemiche. Cioè, non si sostiene che non possa vivere, guadagnandoci, con la propria arte, solo che non è questa la sua ragion d’essere. In realtà, la creazione artistica appartiene, per la parte che riguarda il suo percorso, all’immaginazione che l’ha prodotta, non può essere alienata (venduta) giacché quel percorso è già stato compiuto: almeno quella, quindi, non è una merce poiché svanisce col prodotto finito. Questo, poi, appartiene invece a chiunque possa goderne perché egli vi vedrà ciò che il proprio vissuto gli suggerisce, in un rapporto dialettico con l’opera che quindi non è più esclusiva proprietà del suo autore o di chi l’ha acquistata, ma diviene bene condiviso, cioè di tutti, dunque di nessuno. Di più, il vissuto che impone una lettura differente e soggettiva dell’opera d’arte, ne rende l’essenza di antimerce, giacché la merce è tale solo se ne è garantita la riproducibilità seriale. Una famosa catena di ristorazione, molto gradita a palati prelogici, fonda il proprio successo planetario sulla omogeneità del gusto dei propri prodotti nei cinque continenti. Viceversa, si deve pagare un biglietto per vedere la Gioconda che non ci appartiene materialmente, ma la sua essenza è un pezzo della nostra storia culturale, dunque è di ciascuno in modo differente giacché interagisce dialetticamente con i diversi. Chi possiede materialmente l’opera si illude soltanto di detenerne il controllo. È altresì evidente che vi sono artisti (sic!) che spacciano le proprie opere per arte, ed invece utilizzano escamotagé tecnici per creare nuove merci. Sono più attenti a che il prodotto finito sia monetizzabile che non ad esprimere la propria creatività; dunque, la loro creazione nasce alienata da un proprio stesso “Io” non liberato. La vera arte, cioè quella che non si accontenta di variazioni su modelli prestabiliti, ma si sforza di esprimere i bisogni interiori dell’uomo e dell’umanità, non può non essere rivoluzionaria, cioè non aspirare a una ricostruzione completa e radicale della società, non fosse che per affrancare la creazione intellettuale dalle catene che la ostacolano e per permettere a tutta l’umanità di elevarsi ad altezze che solo geni isolati hanno raggiunto nel passato. (…) Lo scrittore – egli dice – deve naturalmente guadagnare dei soldi per potere vivere e per poter scrivere, ma non deve in nessun caso vivere e scrivere per guadagnare dei soldi. Lo scrittore non considera affatto i suoi lavori come un mezzo. Essi sono dei fini per sé, sono così un poco un mezzo per lui e per gli altri che, al caso, egli sacrifica alla loro esistenza la sua esistenza. (…) In materia di creazione artistica, importa essenzialmente che l’immaginazione sfugga a qualsiasi costrizione, non si lasci imporre una falsariga sotto alcun pretesto. A coloro che ci spingessero, oggi o domani, ad acconsentire che l’arte fosse sottoposta a una disciplina che consideriamo radicalmente incompatibile con i suoi mezzi, opponiamo un rifiuto senza appello e la nostra volontà deliberata di far valere la formula: ogni licenza in arte. La condizione della cultura e della produzione artistica, in definitiva, è quella di rimettere in discussione gli assiomi del pensiero unico, introducendo il concetto di condivisione contro la barbarie del controllo assoluto. Chi è capace di immaginazione, quindi di creazione, si sottrae a questo controllo, lo supera e va oltre il senso comune, esprime la forma più alta di partecipazione politica. “La bellezza salverà il mondo”, afferma il principe Miškin, nell’Idiota di Dostoevskij. Al contrario “I vandali, valendosi dei loro mezzi barbari, cioè estremamente precari, distrussero la civiltà antica in un angolo limitato dell’Europa. Attualmente è tutta la civiltà mondiale, nell’unità del suo destino storico, che vacilla sotto la minaccia di forze reazionarie armate di tutta la tecnica moderna. (…) la situazione della scienza e dell’arte è divenuta intollerabile. In ciò che di individuale conserva nella sua genesi, nelle qualità soggettive che mette in opera per dedurre un certo fatto che implica un arricchimento oggettivo, una scoperta filosofica, sociologica, e scientifica o artistica, appare come il frutto di un caso prezioso, cioè come una manifestazione più o meno spontanea della necessità. Non è possibile trascurare un simile apporto sia dal punto di vista della conoscenza in generale (che tende a far sì che si sviluppi l’interpretazione del mondo) sia dal punto di vista rivoluzionario (che, per arrivare alla trasformazione del mondo, esige che ci si faccia un’idea esatta delle leggi che ne governano il movimento). Più particolarmente, non è possibile disinteressarsi delle condizioni mentali in cui quest’apporto continua a prodursi e, allo scopo, non vigilare affinché sia garantito il rispetto delle leggi specifiche cui è legata la creazione intellettuale. Ora il mondo attuale ci obbliga a constatare la violazione sempre più generale di queste leggi, violazione cui corrisponde necessariamente un avvilimento sempre più manifesto non solo dell’opera d’arte, ma anche della personalità ‘artistica. Si può non condividere tutto ciò, ma non v’è dubbio che pezzi consistenti di chi detiene il potere, ed altrettanti di coloro che vi aspirano, si fanno venire l’orticaria quando sentono parlare di arte e cultura, tranne che non abbiano l’intenzione di ingabbiarle in nuove ed annichilenti strutture prima che possano cominciare ad esprimere il proprio dirompente potenziale, finalmente civile e liberatorio.

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Conversazioni d’autore sui massimi – ma all’occorrenza anche minimi – sistemi, con profili grosso modo figurativo-espositivi.artistsonly
Diamo per scontata la natura meticcia dell’uomo (in quanto specie e non genere), figlio di quell’abnorme ed innaturale incrocio tra le oche di Lorentz e il cane di Pavlov. Siamo il frutto bastardo dei condizionamenti ambientali, dunque, nel recuperare il senso etimologicamente più puro della parola politica, siamo parte tutti, chi più chi meno, di un complexus cui contribuiamo dialetticamente. L’artista non fa eccezione, anzi, egli può considerarsi come una sorta di soggetto eversivo (nel senso latino dell’e-vertere, cambiare direzione) giacché, come un’antenna, capta più o meno consapevolmente i segnali del proprio ambiente sociale e culturale (quindi politico) e, filtrandoli col proprio vissuto, li trasforma in determinazione creativa. Questa è talora in grado di anticipare ogni processo di trasformazione anche quando sensibilità non avvezze all’immaginazione – quindi ad andare oltre -, non sono capaci di coglierne nemmeno i vagiti più rumorosi. Nel pensiero unico politico-economico, che declina ogni scelta alla sua compatibilità monetaristica e mercantile, ancora l’artista può creare discontinuità sistemiche. Cioè, non si sostiene che non possa vivere, guadagnandoci, con la propria arte, solo che non è questa la sua ragion d’essere. In realtà, la creazione artistica appartiene, per la parte che riguarda il suo percorso, all’immaginazione che l’ha prodotta, non può essere alienata (venduta) giacché quel percorso è già stato compiuto: almeno quella, quindi, non è una merce poiché svanisce col prodotto finito. Questo, poi, appartiene invece a chiunque possa goderne perché egli vi vedrà ciò che il proprio vissuto gli suggerisce, in un rapporto dialettico con l’opera che quindi non è più esclusiva proprietà del suo autore o di chi l’ha acquistata, ma diviene bene condiviso, cioè di tutti, dunque di nessuno. Di più, il vissuto che impone una lettura differente e soggettiva dell’opera d’arte, ne rende l’essenza di antimerce, giacché la merce è tale solo se ne è garantita la riproducibilità seriale. Una famosa catena di ristorazione, molto gradita a palati prelogici, fonda il proprio successo planetario sulla omogeneità del gusto dei propri prodotti nei cinque continenti. Viceversa, si deve pagare un biglietto per vedere la Gioconda che non ci appartiene materialmente, ma la sua essenza è un pezzo della nostra storia culturale, dunque è di ciascuno in modo differente giacché interagisce dialetticamente con i diversi. Chi possiede materialmente l’opera si illude soltanto di detenerne il controllo. È altresì evidente che vi sono artisti (sic!) che spacciano le proprie opere per arte, ed invece utilizzano escamotagé tecnici per creare nuove merci. Sono più attenti a che il prodotto finito sia monetizzabile che non ad esprimere la propria creatività; dunque, la loro creazione nasce alienata da un proprio stesso “Io” non liberato. La vera arte, cioè quella che non si accontenta di variazioni su modelli prestabiliti, ma si sforza di esprimere i bisogni interiori dell’uomo e dell’umanità, non può non essere rivoluzionaria, cioè non aspirare a una ricostruzione completa e radicale della società, non fosse che per affrancare la creazione intellettuale dalle catene che la ostacolano e per permettere a tutta l’umanità di elevarsi ad altezze che solo geni isolati hanno raggiunto nel passato. (…) Lo scrittore – egli dice – deve naturalmente guadagnare dei soldi per potere vivere e per poter scrivere, ma non deve in nessun caso vivere e scrivere per guadagnare dei soldi. Lo scrittore non considera affatto i suoi lavori come un mezzo. Essi sono dei fini per sé, sono così un poco un mezzo per lui e per gli altri che, al caso, egli sacrifica alla loro esistenza la sua esistenza. (…) In materia di creazione artistica, importa essenzialmente che l’immaginazione sfugga a qualsiasi costrizione, non si lasci imporre una falsariga sotto alcun pretesto. A coloro che ci spingessero, oggi o domani, ad acconsentire che l’arte fosse sottoposta a una disciplina che consideriamo radicalmente incompatibile con i suoi mezzi, opponiamo un rifiuto senza appello e la nostra volontà deliberata di far valere la formula: ogni licenza in arte. La condizione della cultura e della produzione artistica, in definitiva, è quella di rimettere in discussione gli assiomi del pensiero unico, introducendo il concetto di condivisione contro la barbarie del controllo assoluto. Chi è capace di immaginazione, quindi di creazione, si sottrae a questo controllo, lo supera e va oltre il senso comune, esprime la forma più alta di partecipazione politica. “La bellezza salverà il mondo”, afferma il principe Miškin, nell’Idiota di Dostoevskij. Al contrario “I vandali, valendosi dei loro mezzi barbari, cioè estremamente precari, distrussero la civiltà antica in un angolo limitato dell’Europa. Attualmente è tutta la civiltà mondiale, nell’unità del suo destino storico, che vacilla sotto la minaccia di forze reazionarie armate di tutta la tecnica moderna. (…) la situazione della scienza e dell’arte è divenuta intollerabile. In ciò che di individuale conserva nella sua genesi, nelle qualità soggettive che mette in opera per dedurre un certo fatto che implica un arricchimento oggettivo, una scoperta filosofica, sociologica, e scientifica o artistica, appare come il frutto di un caso prezioso, cioè come una manifestazione più o meno spontanea della necessità. Non è possibile trascurare un simile apporto sia dal punto di vista della conoscenza in generale (che tende a far sì che si sviluppi l’interpretazione del mondo) sia dal punto di vista rivoluzionario (che, per arrivare alla trasformazione del mondo, esige che ci si faccia un’idea esatta delle leggi che ne governano il movimento). Più particolarmente, non è possibile disinteressarsi delle condizioni mentali in cui quest’apporto continua a prodursi e, allo scopo, non vigilare affinché sia garantito il rispetto delle leggi specifiche cui è legata la creazione intellettuale. Ora il mondo attuale ci obbliga a constatare la violazione sempre più generale di queste leggi, violazione cui corrisponde necessariamente un avvilimento sempre più manifesto non solo dell’opera d’arte, ma anche della personalità ‘artistica. Si può non condividere tutto ciò, ma non v’è dubbio che pezzi consistenti di chi detiene il potere, ed altrettanti di coloro che vi aspirano, si fanno venire l’orticaria quando sentono parlare di arte e cultura, tranne che non abbiano l’intenzione di ingabbiarle in nuove ed annichilenti strutture prima che possano cominciare ad esprimere il proprio dirompente potenziale, finalmente civile e liberatorio.

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MIlleforme – l’associazione


Posted By on Feb 10, 2015

L’associazione culturale Milleforme, nata a Bibbiena (AR), si prefigge di:
– divulgare e ampliare la conoscenza e l’interesse per la cultura e le arti, attraverso contatti fra persone, enti ed associazioni;
– organizzare e promuovere manifestazioni culturali ed artistiche, disvelare nuove forme espressive e produrre una contaminazione tra di esse;
– proporsi come luogo di incontro, di aggregazione e di riflessione sui temi dell’arte, della cultura e della società, per sviluppare interessi culturali che assolvano alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile;
– costruire una rete di contatti con altre realtà analoghe al fine di creare le condizioni di convergenza tra esperienze differenti per perseguire fini comuni;
– favorire ogni forma di pubblico coinvolgimento attraverso interventi di informazione e produzione nel settore dello spettacolo, dell’arte e della cultura e, in particolare:
— l’organizzazione di seminari, stages, attività formative, dibattiti, festival, conferenze, pubblicazioni, incisioni sonore, eventi espositivi, fino al diretto allestimento di spettacoli teatrali, performativi e musicali nonchè la realizzazione di opere video, cinematografiche e multimediali.

Per contatti: [email protected]

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Il 13 febbraio, alle 18,00, presso il salone della Biblioteca Comunale di Bibbiena, Milleforme organizza la presentazione del libro di Santino Gallorini “Vite in cambio”. All’evento interverranno, oltre all’autore, Eraldo Stefani (legale di parte civile per la strage di Vallucciole) e Patrizia Fabbroni (Presidente ANPI Sansepolcro”). Il libro, scritto con la tensione narrativa d’un romanzo, ricostruisce la vicenda storica di Gianni Mineo, partigiano siciliano unitosi alla Resistenza aretina che con le sue gesta, a lungo rimaste ignote, ha sottratto alla rappresaglia nazista oltre duecento vite umane.<img class=”Thumbnail thumbnail mediumshadow alignleft” src=”http://www.cpadver-effigi.com/wp-content/uploads/2014/06/vite-in-cambio-237×356.jpg” alt=”Vite in cambio” /> “<strong>Giugno 1944</strong>. Il rapimento del colonnello von Gablenz, da parte di un’autonoma formazione partigiana slava, provoca il rastrellamento tedesco di centinaia di civili, rinchiusi nella chiesa della Chiassa (Arezzo) e minacciati di fucilazione, se entro 48 ore l’alto ufficiale non verrà riconsegnato.
Il tempo trascorre velocemente, tra la disperazione degli ostaggi, dei loro familiari e l’impotenza del Comando partigiano italiano. Quando tutto sta per concludersi, un giovane partigiano siciliano, Gianni Mineo, riaccende la speranza ponendosi come mediatore tra i tedeschi e gli slavi.
Con estremo coraggio, Mineo riesce a far liberare il colonnello e, con l’aiuto di un altro partigiano, Giuseppe Rosadi, a riportarlo appena in tempo, salvando dalla strage la popolazione e i paesi della zona dalla distruzione.
Un’appassionata ricerca, su differenti fonti, porta ad un’incredibile scoperta: il partigiano Gianni Mineo era un infiltrato tra i “repubblichini” di Arezzo. In questa veste, fu protagonista di molteplici azioni, riuscendo a salvare tante vite…
<em>“Citando ampi brani tratti dalle memorie degli abitanti del luogo, il volume restituisce il clima del tempo e ristabilisce la verità sull’«eroe della Chiassa», dopo che per decenni l’oblio ne aveva cancellato il ruolo svolto”.</em>

(Ivo Biagianti, <em>Università di Siena)</em>

Se ne parla su:
<a href=”https://www.facebook.com/pages/Gianni-Mineo-e-Giuseppe-Rosadi-Gli-EROI-dei-giorni-della-Chiassa/602778673155763”>Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi – Gli EROI dei “giorni della Chiassa”</a>
<a href=”http://www.lafrecciaverde.it/vite-cambio/”>La Freccia Verde</a>
<a href=”http://arezzocultura.com/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=1542%3Aa-bibbiena-la-presentazione-di-qvite-in-cambioq-il-libro-di-santino-gallorini&amp;catid=42%3Ainiziative-letteratura&amp;Itemid=195″>Arezzo Cultura</a>
<a href=”http://www.informarezzo.com/permalink/22517.html”>InformArezzo</a>
<a href=”http://www.arezzoora.it/blog/2015/02/11/bibbiena-presentazione-di-vite-cambio/”>Arezzo Ora</a>
<a href=”http://www.cpadver-effigi.com/blog/vite-in-cambio-santino-gallorini/”>C&amp;P Adver · Edizioni Effigi </a>
<a href=”http://lalentezza.altervista.org/vite-cambio/”>La Lentezza</a>
<a href=”https://www.facebook.com/pages/Gianni-Mineo-e-Giuseppe-Rosadi-Gli-EROI-dei-giorni-della-Chiassa/602778673155763?ref=hl”>Osservatorio Tutela Valdichiana</a>
<a href=”https://m.facebook.com/profile.php?id=1489863631295078″>Gianni Mineo e Rosario Montedoro, partigiani di Bagheria eroi ad Arezzo</a>

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Vite in cambio


Posted By on Feb 4, 2015

Il 13 febbraio, alle 18,00, presso il salone della Biblioteca Comunale di Bibbiena, Milleforme organizza la presentazione del libro di Santino Gallorini “Vite in cambio”. All’evento interverranno, oltre all’autore, Eraldo Stefani (legale di parte civile per la strage di Vallucciole) e Patrizia Fabbroni (Presidente ANPI Sansepolcro”). Il libro, scritto con la tensione narrativa d’un romanzo, ricostruisce la vicenda storica di Gianni Mineo, partigiano siciliano unitosi alla Resistenza aretina che con le sue gesta, a lungo rimaste ignote, ha sottratto alla rappresaglia nazista oltre duecento vite umane.Vite in cambioGiugno 1944. Il rapimento del colonnello von Gablenz, da parte di un’autonoma formazione partigiana slava, provoca il rastrellamento tedesco di centinaia di civili, rinchiusi nella chiesa della Chiassa (Arezzo) e minacciati di fucilazione, se entro 48 ore l’alto ufficiale non verrà riconsegnato.
Il tempo trascorre velocemente, tra la disperazione degli ostaggi, dei loro familiari e l’impotenza del Comando partigiano italiano. Quando tutto sta per concludersi, un giovane partigiano siciliano, Gianni Mineo, riaccende la speranza ponendosi come mediatore tra i tedeschi e gli slavi.
Con estremo coraggio, Mineo riesce a far liberare il colonnello e, con l’aiuto di un altro partigiano, Giuseppe Rosadi, a riportarlo appena in tempo, salvando dalla strage la popolazione e i paesi della zona dalla distruzione.
Un’appassionata ricerca, su differenti fonti, porta ad un’incredibile scoperta: il partigiano Gianni Mineo era un infiltrato tra i “repubblichini” di Arezzo. In questa veste, fu protagonista di molteplici azioni, riuscendo a salvare tante vite…
“Citando ampi brani tratti dalle memorie degli abitanti del luogo, il volume restituisce il clima del tempo e ristabilisce la verità sull’«eroe della Chiassa», dopo che per decenni l’oblio ne aveva cancellato il ruolo svolto”.

(Ivo Biagianti, Università di Siena)

Se ne parla su:
Gianni Mineo e Giuseppe Rosadi – Gli EROI dei “giorni della Chiassa”
La Freccia Verde
Arezzo Cultura
InformArezzo
Arezzo Ora
C&P Adver · Edizioni Effigi
La Lentezza
Osservatorio Tutela Valdichiana
Gianni Mineo e Rosario Montedoro, partigiani di Bagheria eroi ad Arezzo

 

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