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Il 7 aprile, alle 18,00, presso il Centro Civico del Corsalone nel Comune di Chiusi della Verna (AR), Mattia Bernardini presenterà il libri e il DVD “LA BUENA ONDA – diario del tour in Mexico dei Manovalanza”.LOCANDINA-Manovalanza

“I Manovalanza sono un gruppo ska-punk in attività dal 2006. Nati un po’ troppo tardi per far parte della “terza ondata di ska”, giunta in Italia alla fine degli anni novanta. Dopo una gavetta di auto produzione durata anni, ignorati totalmente da agenzie ed etichette discografiche, il complesso trova finalmente un terreno fertile dove sia gli ascoltatori che gli addetti al settore sono davvero interessati a loro. Peccato che la terra in questione si trova al di là dell’Oceano Atlantico… Il Messico! Con sacrificio e impegno, nel 2015 finalmente il sogno viene realizzato ed il tour messicano è alle porte. Questo libro è un dettagliato diario di ciò che affrontano i Manovalanza nella antica terra degli Aztechi e dei Maya. Partendo dal lungo viaggio in aereo, passando per la calorosa accoglienza messicana e finendo con le grottesche avventure on the road. Trasferte su furgoni scassati per strade dissestate, camminate sotto al sole cocente tra banditos e wrestler, notti passate sopra autobus con l’aria condizionata in modalità Polo Nord, corse folli in

metropolitana e concerti in ogni dove. Uno spaccato di vita intensa che vede i protagonisti catapultati in una realtà molto differente dalla provincia alla quale sono forzatamente abituati, affrontando ogni difficoltà con determinazione e passione. Sullo sfondo la grande metropoli messicana, la splendida costa dei Caraibi, la gente ospitale e cordiale, le follie ed il ritmo rallentato di una nazione che, pur essendo immersa in mille difficoltà e vivendo all’ombra della maggiore potenza mondiale, non teme rivali in quanto a ricchezza d’animo. Perché il cuore pulsante del Messico arriva a toccare profondamente chiunque lo viva con ardore… Anche se solo per poche ruggenti settimane”.

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Il 4 ottobre, alle 21,00, presso il Teatro Dovizi di Bibbiena (AR), Milleforme vi invita al suggestivo concerto di Stefano Meli con i brani del suo ultimo lavoro, “Ghostrain”.Loc Meli

Stefano Meli è amante dello slide e del delay, ed ha seguito sempre una strada tutta sua, malandata, sotterranea e dissestata. Allergico ai concetti commerciali della musica, ha trovato nel blues e nella musica strumentale la sua via, il suo posto. Negli anni ha affinato un modo suo di suonare una sorta di Fingerpicking che ha a che fare con una psichedelia viscerale mischiata ad un blues desertico e a un folk/elettrico/strumentale di chiara matrice Americana, quell’America desertica, lontana e periferica. Ha sempre pensato che la musica dovrebbe prenderci e portarci da un’altra parte, che la musica è verità, quindi i suoi album li ha sempre registrati in presa diretta e senza l’aiuto del computer, utilizzando un vecchio mixer e un vecchio registratore digitale a quattro tracce. Ha collaborato con varie band prima di mettersi in marcia da solo. Ha pubblicato due album con La Casbah, due album con i Caruana Mundi e cinque album da solo tra cui una colonna sonora: “Eight Instrumental Dusty Traks From Nowhere”, Kalimat 2010; “Santo Bandito”, Lost Cat Recording 2012; “Psychedelic Indiana Blues”, Extempora 2014; la colonna sonora originale del Docu-Film “L’Ora di Spampinato” di Vincenzo Cascone e Danilo Schininà edita da Extempora sempre nel 2014 e quest’ultimo lavoro “Ghostrain”, Seltz Recordz/Audioglobe 2015. foto-1Nella sua musica si incontrano spesso quelle atmosfere che pervadono i libri di Jack London, di John Steinbeck, di Brendan Behan o di Erskine Caldwell. Se proprio si deve trovare una definizione per la sua musica, si potrebbe parlare di chitarrista di frontiera, chitarrista da strade polverose e solitarie. La musica di Stefano Meli è preferibile ascoltarla in macchina soprattutto quando si devono affrontare dei lunghi viaggi. Se lo incontrate non fategli domande, offritegli una birra e ve ne sarà grato.

L’album “Ghostrain” è stato accolto favorevolmente dalla critica di settore tanto che Nicola Orlandino, giornalista musicale dell’autorevole Son Of Marketing, lo ha definito tra i migliori album italiani del 2015.

Ghostrain” possiede un fascino tenue ma a presa immediata e poi più in profondità, annota un desolato, ancestrale commento al tempo presente. Una sonata contro il fracasso del quotidiano. (Onda Rock)

Tra le pieghe e i sentieri delle sue note, “Ghostrain” accoglie inquietudini e a tratti si fa visionario. Un Album ricco di suggestioni per un viaggio ideale tra strade e silenzi assolati, paesaggi naturali, città sofferenti, inquietudini e visioni. (Mescalina.it)

Stefano Meli rimette all’appello il vezzo immortale dell’Americana sporcata di blues e di solitudine che si taglia con il coltello. “Ghostrain” è tutto un fuoco di sangue caldo e di armonie che generano sogni e deliri a ripetizione. (RockShock.it)

Ghostrain, lavoro pubblicato per Seltz Recordz, affonda le mani nel blues più sudato, onirico e psichedelico che l’America abbia mai sviluppato. (InYourEyesZine)

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Bibbiena Editoria Arte 2016


Posted By on Ago 6, 2016

BeamaniBEA-Bibbiena Editoria Arte (qui il programma) riparte per la sua terza edizione con le stesse prerogative delle prime (2014, 2015), per dare spazio e voce alle più diverse forme d’espressione artistica e creativa. Un’edizione, quella che si snoda nel mese di settembre 2016, di cui filo conduttore è la musica, non come quinta sonora, come semplice contrappunto o accompagnamento per altre forme di arte, piuttosto come elemento espressivo che riesce a dialogare, a costruire dialettiche concrete con ogni altra creazione artistica, cui contribuisce aggiungendo cromatismi nuovi ed inattesi, giocando un proprio protagonismo oltre i momenti canonici cui è comunemente relegata.
Ma BEA 2016 si presenta anche con altre novità rispetto alle edizioni precedenti. La prima riguarda i tempi, non più concentrati in un’unica settimana, che attraversano l’intero mese di settembre, così da dare la possibilità a chi volesse parteciparvi di poterlo fare con maggiore libertà di movimento. E poi i luoghi, non solo il centro storico di Bibbiena, ma anche le altre realtà del territorio, per coinvolgerle nella prospettiva di una rassegna sempre più partecipata e condivisa.
Anche quest’anno il calendario degli eventi è ricco e variegato, a partire da alcune ricorrenze che non potevamo trascurare (i 50 splendidi anni dell’Istituto “Ernesto De Martino”, cui è dedicata la giornata iniziale, e i 500 anni dell’Orlando Furioso che abbiamo voluto celebrare in modo non canonico rivolgendoci a quella geniale creazione poetica ed espressiva che è l’ottava rima), un calendario che, come è consuetudine per questa rassegna, non poteva trascurare ogni forma espressiva dell’arte. Mostre, concerti, libri, video, recital, sono la quintessenza di una rassegna che ha come obiettivo primario la ricerca di una cultura della contaminazione, perché se riescono a coesistere e dialogare tra loro artisti e forme d’arte lontane, allora ci si attende un contagio positivo che induca, in nome e per conto di un’incessante ricerca della bellezza, le donne e gli uomini in ogni contesto si trovino fare lo stesso. Vi ricordiamo anche che è possibile vedere, sino al 30 settembre 2016, presso ARCA, Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni, la mostra “Al tempo quando non c’era il tempo” di Aldo Palazzolo.

Alla pagina dedicata alla rassegna su questo stesso blog trovate il programma. Seguiteci anche su FB.

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Nei locali del Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni”, con le suggestioni della quinta scenografica della mostra fotografica di ALDO PALAZZOLO “Al tempo quando non c’era il tempo” (di seguito ancora immagini dell’inaugurazione del 9 luglio),

dal 21 al 24 luglio 2016 si svolgerà Casentino-Classica-BibbienaCASENTINO CLASSICA alla cui organizzazione ha aderito anche Milleforme. Casentino Classica è un’idea semplice ma concreta, che sorge con naturalezza dal desiderio di dar vita ad un salotto musicale in Casentino. Consiste in una serie di quattro concerti, tutti ad ingresso gratuito ed alle 20,00.

Casentino Classica accoglie formazioni da camera provenienti dalle più prestigiose Istituzioni musicali italiane quali l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Accademia “Incontri col Maestro” di Imola e la Scuola di Musica di Fiesole. Casentino Classica rivolge grande attenzione a giovani concertisti che hanno intrapreso una carriera brillante, già colma di importanti riconoscimenti.

PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE

DUO MANSUETO VENEZIA (21 luglio 2016)Venezia Mansueto

Il Duo Mansueto Venezia, formato dal violoncellista Roberto Mansueto e dal pianista Vito Venezia, nonostante la giovane età dei componenti è già una realtà del concertismo nazionale. Nato tra la Scuola di Musica di Fiesole e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Duo Mansueto Venezia si è perfezionato con Luigi Piovano, Tiziano Mealli, Carlo Fabiano, Alfonso Ghedin e il Trio di Parma. Roberto e Vito, da anni in carriera e già vincitori di prestigiosi concorsi, si esibiscono anche come solisti e in altre formazioni cameristiche. Il Duo è ospite di emittenti radiofoniche e di importanti sale e stagioni concertistiche.

TRIO DI IMOLA (22 luglio 2016)trio di Imola

Il Trio di Imola si è costituito nel novembre del 2015 da un’ idea del Maestro Nazzareno Carusi nell’ambito del corso di Musica da camera tenuto dallo stesso presso l’Accademia Pianistica “Incontri con il Maestro” di Imola. Del trio, Carusi ha affermato: “Sono tre ragazze che sommano a una grande bravura tecnica una ancora maggiore musicalità. Se continueranno così e resteranno tra di loro le amiche affezionate che sono oggi, il mondo della musica avrà un nuovo e straordinario Trio”. Il Trio di Imola ha ottenuto, nel 2016, il primo premio al Concorso Internazionale “Città di Rimini”.

QUARTETTO TAAG (23 luglio 2016)Quartetto

Nasce nel 2011 a Torino e nonostante la giovane età ha già ottenuto diversi riconoscimenti come il primo premio SVIRÉL 2016 e il premio dedicato a Piero Farulli al Premio Crescendo 2015. Attualmente si perfeziona presso la Scuola di Musica di Fiesole con Miguel Da Silva, Antonello Farulli e Andrea Nannoni.

TRIO DMITRIJ (24 luglio 2016)

Costituitosi nel 2007, il Trio Dmitrij si é perfezionato con il Trio di Trieste presso il “Collegio del Mondo Unito” di Duino, Trio Dmitrijcon il Trio di Parma presso la Scuola di Musica di Fiesole, con Piernarciso Masi presso l’Accademia di Fusignano e con Carlo Fabiano presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Vincitore del III premio (con primo non assegnato) al Concorso “F. Cilea” di Palmi, il Trio Dmitrij svolge intensa attività concertistica per svariate associazioni in Italia e all’estero. Recentemente ha inciso l’integrale della musica da camera di Liszt per l’etichetta milanese M.A.P. Il Trio Dmitrij è regolarmente invitato a tenere masterclass di musica da camera presso il Conservatorio Nacionàl “F. Guerrero” di Siviglia.

Dopo ciascuno dei concerti avrà luogo la cena con l’artista, un momento conviviale in occasione del quale il pubblico e la stampa hanno la possibilità di incontrare i protagonisti di Casentino Classica. Presso il giardino del Museo Archeologico del Casentino, a cura delle attività di ristorazione del Centro Storico di Bibbiena.

Sono anche previsti, a cura del Maestro Vito Venezia, direttore artistico della rassegna, tre giorni di lezioni aperte a giovani pianisti residenti in Casentino. Un’occasione per condividere la propria esperienza di fare musica attraverso gli 88 tasti. La frequenza delle lezioni è gratuita ed è possibile avere le necessarie informazioni rivolgendosi a [email protected] o consultando il bando su www.vitoveneziapianist.com

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Splendida serata quella del 9 luglio presso il Museo Archeologico di Bibbiena, per l’inaugurazione della mostra di Aldo Palazzolo “Al tempo quando non c’era il tempo”. Una serata ricca di suggestioni e molto partecipata, con una efficace introduzione di Elisabetta Gangi (presidente di Milleforme), arricchita dalle letture dell’attrice Emma Cardillo, dalla chitarra del Maestro Carlos Alberto Barbato, e conclusasi con il magistrale concerto dei Valle Santa Corde. Di seguito riportiamo alcune immagini della serata (foto di Giancarlo Gonnelli) e alcune note critiche (Giovanni Carbone)sull’esposizione.

EROS (La Genesi)

Se non c’è dubbio che tutto iniziò dall’Eros (se Eva avesse mangiato il serpente anziché la mela…), è anche vero che la sua ricerca è diventata ossessione e non fluida riscoperta dell’essenza stessa dei viventi, gesto semplice e naturale. Al contrario, l’Erotismo viene spesso derubricato a pratica immorale, lì dove invece è stata la fonte cui si sono abbeverati poeti ed artisti d’ogni epoca e luogo, o sostituita dall’esasperazione del motto, assai poco aulico, ogni lasciata è persa, surrogandone, in definitiva, il ruolo di riscoperta minimalista della sua essenza primordiale ed istintiva, delicata poesia di sensi, ad una kermesse di sovrastrutture, tacchi a spillo e cortisone compresi.

Nelle immagini della serie Frammenti di Marmo, Aldo Palazzolo, invece, si rivolge nuovamente a un Eros genetico, a quell’essenza perduta e sepolta dalla mondanità corrotta delle sovrastrutture, lo ritrova nella semplice e vertiginosa nudità delle forme. Continua, dunque, in una sorta di staffetta ideale, l’opera di recupero della materia primordiale, della forma nascosta, in parte già denudata degli eccessi materici di cave pregiate, da grandi estrattori di poesia umana, dai blocchi di marmo. 13524466_1074293895982159_2867248082993575148_n

Palazzolo, com’è aduso fare, non scatta per scattare, non ha tempo da sottrarre alle pigrizie del Sud, va giustappunto all’essenza, interrogando i marmi circa il pensiero di quei creatori che li hanno liberati, secondo modalità e prassi michelangiolesche, dall’involucro di materia morta, restituendoli alla vita; in questo compie ed esalta nel contempo il gesto erotico definitivo che solo può essere nella scoperta. Interrogando i marmi, con l’occhio obiettivo del ricercatore, deduce, e forse scopre, al di là d’ogni ragionevole dubbio, il nucleo fondante del pensiero antico che ha generato quella vita di pietra. Una vita che, oltre il pensiero della forma minimale da cui si è generata, è occultata da sovrastrutture, appunto, come certi vini del sud, serviti allungati con la gazzosa perché troppo difficili da buttar giù per corpo ed eccessiva adesione organolettica a terre aspre.

Palazzolo dunque denuda il dettaglio primigenio, individua in esso il nucleo generatore dell’opera, lo libera da ciò che non serve, dal tutto intorno da cui fu imprigionato dal benpensantismo che ad ogni epoca il declinante – per definizione – impero, impone all’umanità, perché non riscopra in sé, nella propria viva carne, ciò di cui ha veramente bisogno. Poi lo rende, in forme inequivocabili, annullando distanze temporali e aggiungendo il vuoto intorno, che non crea equivoci, ma che proietta in una dimensione immaginifica e sorprendentemente condivisa chi si trova al cospetto di quell’immagine.

THANATOS (Post Human)

Il potere più affascinante di una camera è quella certa proprietà trascendente di conservazione dell’anima, anche quando non c’è più il suo simulacro. Andrè Bazin

È nel gesto intriso di pietas della Veronica a ricoprire il viso martoriato del Cristo, che si cela il primo scatto fotografico, il primo sviluppo e con esso, la prima resurrezione.

Nel concretizzarsi di quel sogno d’immortalità donata, nell’imprimersi di un volto, di un’immagine che riprende vita nella camera oscura del tempo, c’è tutta la tecnica più evoluta, oltre alla volontà del gesto; altro che megapixel e photoshop… c’è un atto istintivo che procrastina la narrazione del ritratto all’infinito, come in un clic, il clic definitivo. Mummie-Savoca-copia

Il desiderio profondo di sopravvivere a se stessi, prolungando il proprio corpo al di là d’ogni barriera temporale, esorcizzare la caducità di un’esistenza in forme biochimiche sostituendola con l’essenza della pietrificazione che, scarnificando il bio, salva l’immagine e con essa la volontà d’aggrapparvisi in eterno, è cosa da pazzi, ma anche assai diffusa, dai faraoni a Faust, dai corredi funebri a Dorian Gray.

La pazzia di essere eterni è del Re, dell’Imperatore, del capo in quanto tale; il miserabile non vi aspira, prende quel che c’è, non vuole un monumento alla sua sciagura, non vuol diventare un Prometeo incatenato, gode delle pause in cui l’aquila è lontana semmai, e non banchetta con la sua carne viva; s’approfitta di quel che viene, pretende al massimo poco più, serene esistenze ad esempio, anche brevi s’è il caso, altro che vite eterne.

Che fine ha fatto Baby Jane? è invece roba da giorni nostri, da maquillage dovuti e ricercati, perché si nasconda la cosa più vera: che, in definitiva, ci apparteniamo per poco più di uno sbadiglio.

Palazzolo, che nemmeno nei più audaci voli pindarici riesce a rassomigliare alla Veronica, quando scende nella cripta dei Cappuccini di Savoca, fa una semplice operazione, chiude il cerchio. Illustra l’illustrazione, amplifica e mette il Re a nudo, denuncia la pazzia di conquista dell’eterno, mostrandoci il volto tumefatto e scarnificato del tentativo fallito. Chiude il cerchio, dico, di un giro ampio che dura millenni, dal lenzuolo della Veronica, che voleva in realtà nascondere l’orrore del martirio per preservare la bellezza della memoria, ottenendo l’opposto paradossale, il martirio post-mortem, la tecnica brutale che precede la tragica consapevolezza della morte dell’immortalità.

È dunque un cerchio chiuso, il tempo dell’immortalità, un cerchio che è la dimensione di ciò che si può spezzare, proprio come quelli incisi sulla sabbia da Archimede, a due passi da dove Palazzolo è nato, ucciso dalla barbarie per essersi distratto in una formula geometrica, per essere rimasto in contemplazione del giro perfetto. Il cerchio chiuso, dunque, la metafora di come le cose degli uomini possano essere mirabilie poetiche, maraviglie ed armonie in forme perfette, frutto esclusivo della ricerca del bello, ma che poi si trasfigurano nel potere e nel possesso e nella conseguente maledizione di portarseli dietro per sempre, in un’orgia di devastazione e di corruzione che quel cerchio spezza, definitivamente, nel semplice tempo d’un batter di ciglia.

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