Esposizioni


Un Aprile di eventi da Milleforme


Posted By on Mar 27, 2017

Tre eventi proposti da Milleforme a partire dal 1 aprile 2017.la-lentezza

Il primo è l’inaugurazione della mostra (visitabile dal 1 al 21 aprile) “LA LENTEZZA e la scoperta del silenzio” di Giovanni Carbone, realizzata in collaborazione con Galleria 360° e la Pro Loco di Colle Val d’Elsa. Si terrà a Palazzo dei Priori, in via del Castello 29 a Colle Val d’Elsa (SI) alle 17,00. Dopo il saluto delle autorità cittadine e dei rappresentanti della Pro Loco di Colle, interverranno Elisabetta Gangi (Milleforme) e Matilde Hernandez Lorente (Galleria 360°).Mostra-Valter-Pierluigi

Il 2 aprile, alle 18,00, presso il Palazzo di Città del comune di Chiusi della Verna, si inaugurerà la mostra (aperta dal 2 aprile al 2 maggio) “A PARLAR DI GENTI E DI TERRE” di Pierluigi Ricci e Valter Cemolin. Durante l’inaugurazione i due artisti si intratterranno con Giovanni Carbone che presenterà il suo libro “Chiederò ai sassi che nome vogliono” in un gioco di presentazioni incrociate dagli esisti imprevedibili. I tre rappresentano forme lontane dell’arte e sono maturati artisticamente in contesti estremamente differenti, geograficamente e culturalmente. Cemolin viene da Venezia, Ricci è nato lungo la linea gotica e Carbone viene dalla Sicilia più meridionale, quella che s’affaccia sul Mar d’Africa. Eppure, il riferirsi essenzialmente a forme espressive che privilegiano dialogo e l’osservazione di umanità varie, li rende estremamente simili e capaci di interagire efficacemente, cercando con ostinazione elementi di convergenza (la musica?) e sensibilità condivise anziché rimarcare le proprie diversità.

Il 7 aprile, alle 18,00, presso il Centro Civico del Corsalone nel Comune di Chiusi della Verna (AR), Mattia Bernardini presenterà il libri e il DVD “LA BUENA ONDA – diario del tour in Mexico dei Manovalanza”.LOCANDINA-Manovalanza

“I Manovalanza sono un gruppo ska-punk in attività dal 2006. Nati un po’ troppo tardi per far parte della “terza ondata di ska”, giunta in Italia alla fine degli anni novanta. Dopo una gavetta di auto produzione durata anni, ignorati totalmente da agenzie ed etichette discografiche, il complesso trova finalmente un terreno fertile dove sia gli ascoltatori che gli addetti al settore sono davvero interessati a loro. Peccato che la terra in questione si trova al di là dell’Oceano Atlantico… Il Messico! Con sacrificio e impegno, nel 2015 finalmente il sogno viene realizzato ed il tour messicano è alle porte. Questo libro è un dettagliato diario di ciò che affrontano i Manovalanza nella antica terra degli Aztechi e dei Maya. Partendo dal lungo viaggio in aereo, passando per la calorosa accoglienza messicana e finendo con le grottesche avventure on the road. Trasferte su furgoni scassati per strade dissestate, camminate sotto al sole cocente tra banditos e wrestler, notti passate sopra autobus con l’aria condizionata in modalità Polo Nord, corse folli in

metropolitana e concerti in ogni dove. Uno spaccato di vita intensa che vede i protagonisti catapultati in una realtà molto differente dalla provincia alla quale sono forzatamente abituati, affrontando ogni difficoltà con determinazione e passione. Sullo sfondo la grande metropoli messicana, la splendida costa dei Caraibi, la gente ospitale e cordiale, le follie ed il ritmo rallentato di una nazione che, pur essendo immersa in mille difficoltà e vivendo all’ombra della maggiore potenza mondiale, non teme rivali in quanto a ricchezza d’animo. Perché il cuore pulsante del Messico arriva a toccare profondamente chiunque lo viva con ardore… Anche se solo per poche ruggenti settimane”.

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locandina-colle-val-d'elsa-Milleforme e Galleria 360°, in collaborazione con la Pro Loco di Colle Vald’Elsa presentano “Note al margine ed altre divagazioni”, una collettiva di artisti che hanno storie da raccontare. Storie diverse che prendono corpo attraverso strumenti solo in apparenza lontani (scultura, fotografia, istallazioni, quadri) ma che sviluppano un percorso espositivo che si fonde insospettabilmente in unicum narrativo non concordato. Una convergenza che nasce spontanea semplicemente dall’attribuire all’arte, in ogni sua espressione, l’autenticità di una forma espressiva che non può che essere condivisa, appartenere ad un tutto vissuto.

Questa alchimia sarà visibile a partore dall’inaugurazione della mostra, alle 17,30 del 10 settembre, in via del Castello, 29, a Colle Val d’Elsa (magnifica lo spazio di Palazzo dei Priori). Interverranno i rappresentanti della Pro Loco, delle istituzuioni e le curatrici della mostra, Matilde Hernandez Lorente (Galleria 360°) e Elisabetta Gangi (Milleforme). A quest’ultima il compito di presentare, dopo l’inaugurazione della mostra, l’ultimo libro di Giovanni Carbone, “Chiederò ai sassi che nome vogliono”. Giovanni Carbone, insegnante, ha smesso di fare il giornalista molti anni fa pur continuando a collaborare con numerose riviste; più di recente ha smesso di fumare, ma non riesce a smettere di scrivere. Tuttavia, si approccia a questa pratica con cautela, senza furori creativi, dolorose crisi d’ispirazione, per cui può chiederò-ai-sassiconcedersi divagazioni, esplorazioni di genere, passando dalla saggistica alla poesia, dalla critica artistica e letteraria agli scritti per bambini, attraverso riduzioni per il teatro, romanzi e persino cedimenti eno-gastronomici. Premiato in numerosi concorsi letterari, cui ha però deciso di non partecipare più – non per snobismo ma per pigrizia – tra gli ultimi suoi libri si ricordano il saggio storico-aneddotico Ragusa e le perle della Contea di Modica (Flaccovio Editore, PA), La metamorfosi del Parafulmine (Prova d’Autore, CT) e La pietra celeste (Cianferoni Editore, Stia -AR). Chiederò ai sassi che nome vogliono è invece un testo diviso in due parti. La prima – Chiederò ai sassi che nome vogliono – costituita da sette racconti chiaramente qualunque, in un ordine ovviamente qualsiasi, che si legano tra loro solo perché a leggerli ed a scriverli l’autore ipotizza potrebbe essere stata la stessa persona. La seconda parte è invece un Memorandum, il ripescaggio di cose già scritte, decontestualizzate e rese capaci di muoversi con gambe proprie, e questo perché riciclare è pratica ottima che consente il rispetto dell’ambiente, ma è anche – ritiene l’autore – un comportamento atto ad impedire dissimulazioni negazioniste della labilità delle memorie. e questo perché riciclare è pratica ottima che consente il rispetto dell’ambiente, .

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Bibbiena Editoria Arte 2016


Posted By on Ago 6, 2016

BeamaniBEA-Bibbiena Editoria Arte (qui il programma) riparte per la sua terza edizione con le stesse prerogative delle prime (2014, 2015), per dare spazio e voce alle più diverse forme d’espressione artistica e creativa. Un’edizione, quella che si snoda nel mese di settembre 2016, di cui filo conduttore è la musica, non come quinta sonora, come semplice contrappunto o accompagnamento per altre forme di arte, piuttosto come elemento espressivo che riesce a dialogare, a costruire dialettiche concrete con ogni altra creazione artistica, cui contribuisce aggiungendo cromatismi nuovi ed inattesi, giocando un proprio protagonismo oltre i momenti canonici cui è comunemente relegata.
Ma BEA 2016 si presenta anche con altre novità rispetto alle edizioni precedenti. La prima riguarda i tempi, non più concentrati in un’unica settimana, che attraversano l’intero mese di settembre, così da dare la possibilità a chi volesse parteciparvi di poterlo fare con maggiore libertà di movimento. E poi i luoghi, non solo il centro storico di Bibbiena, ma anche le altre realtà del territorio, per coinvolgerle nella prospettiva di una rassegna sempre più partecipata e condivisa.
Anche quest’anno il calendario degli eventi è ricco e variegato, a partire da alcune ricorrenze che non potevamo trascurare (i 50 splendidi anni dell’Istituto “Ernesto De Martino”, cui è dedicata la giornata iniziale, e i 500 anni dell’Orlando Furioso che abbiamo voluto celebrare in modo non canonico rivolgendoci a quella geniale creazione poetica ed espressiva che è l’ottava rima), un calendario che, come è consuetudine per questa rassegna, non poteva trascurare ogni forma espressiva dell’arte. Mostre, concerti, libri, video, recital, sono la quintessenza di una rassegna che ha come obiettivo primario la ricerca di una cultura della contaminazione, perché se riescono a coesistere e dialogare tra loro artisti e forme d’arte lontane, allora ci si attende un contagio positivo che induca, in nome e per conto di un’incessante ricerca della bellezza, le donne e gli uomini in ogni contesto si trovino fare lo stesso. Vi ricordiamo anche che è possibile vedere, sino al 30 settembre 2016, presso ARCA, Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni, la mostra “Al tempo quando non c’era il tempo” di Aldo Palazzolo.

Alla pagina dedicata alla rassegna su questo stesso blog trovate il programma. Seguiteci anche su FB.

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Splendida serata quella del 9 luglio presso il Museo Archeologico di Bibbiena, per l’inaugurazione della mostra di Aldo Palazzolo “Al tempo quando non c’era il tempo”. Una serata ricca di suggestioni e molto partecipata, con una efficace introduzione di Elisabetta Gangi (presidente di Milleforme), arricchita dalle letture dell’attrice Emma Cardillo, dalla chitarra del Maestro Carlos Alberto Barbato, e conclusasi con il magistrale concerto dei Valle Santa Corde. Di seguito riportiamo alcune immagini della serata (foto di Giancarlo Gonnelli) e alcune note critiche (Giovanni Carbone)sull’esposizione.

EROS (La Genesi)

Se non c’è dubbio che tutto iniziò dall’Eros (se Eva avesse mangiato il serpente anziché la mela…), è anche vero che la sua ricerca è diventata ossessione e non fluida riscoperta dell’essenza stessa dei viventi, gesto semplice e naturale. Al contrario, l’Erotismo viene spesso derubricato a pratica immorale, lì dove invece è stata la fonte cui si sono abbeverati poeti ed artisti d’ogni epoca e luogo, o sostituita dall’esasperazione del motto, assai poco aulico, ogni lasciata è persa, surrogandone, in definitiva, il ruolo di riscoperta minimalista della sua essenza primordiale ed istintiva, delicata poesia di sensi, ad una kermesse di sovrastrutture, tacchi a spillo e cortisone compresi.

Nelle immagini della serie Frammenti di Marmo, Aldo Palazzolo, invece, si rivolge nuovamente a un Eros genetico, a quell’essenza perduta e sepolta dalla mondanità corrotta delle sovrastrutture, lo ritrova nella semplice e vertiginosa nudità delle forme. Continua, dunque, in una sorta di staffetta ideale, l’opera di recupero della materia primordiale, della forma nascosta, in parte già denudata degli eccessi materici di cave pregiate, da grandi estrattori di poesia umana, dai blocchi di marmo. 13524466_1074293895982159_2867248082993575148_n

Palazzolo, com’è aduso fare, non scatta per scattare, non ha tempo da sottrarre alle pigrizie del Sud, va giustappunto all’essenza, interrogando i marmi circa il pensiero di quei creatori che li hanno liberati, secondo modalità e prassi michelangiolesche, dall’involucro di materia morta, restituendoli alla vita; in questo compie ed esalta nel contempo il gesto erotico definitivo che solo può essere nella scoperta. Interrogando i marmi, con l’occhio obiettivo del ricercatore, deduce, e forse scopre, al di là d’ogni ragionevole dubbio, il nucleo fondante del pensiero antico che ha generato quella vita di pietra. Una vita che, oltre il pensiero della forma minimale da cui si è generata, è occultata da sovrastrutture, appunto, come certi vini del sud, serviti allungati con la gazzosa perché troppo difficili da buttar giù per corpo ed eccessiva adesione organolettica a terre aspre.

Palazzolo dunque denuda il dettaglio primigenio, individua in esso il nucleo generatore dell’opera, lo libera da ciò che non serve, dal tutto intorno da cui fu imprigionato dal benpensantismo che ad ogni epoca il declinante – per definizione – impero, impone all’umanità, perché non riscopra in sé, nella propria viva carne, ciò di cui ha veramente bisogno. Poi lo rende, in forme inequivocabili, annullando distanze temporali e aggiungendo il vuoto intorno, che non crea equivoci, ma che proietta in una dimensione immaginifica e sorprendentemente condivisa chi si trova al cospetto di quell’immagine.

THANATOS (Post Human)

Il potere più affascinante di una camera è quella certa proprietà trascendente di conservazione dell’anima, anche quando non c’è più il suo simulacro. Andrè Bazin

È nel gesto intriso di pietas della Veronica a ricoprire il viso martoriato del Cristo, che si cela il primo scatto fotografico, il primo sviluppo e con esso, la prima resurrezione.

Nel concretizzarsi di quel sogno d’immortalità donata, nell’imprimersi di un volto, di un’immagine che riprende vita nella camera oscura del tempo, c’è tutta la tecnica più evoluta, oltre alla volontà del gesto; altro che megapixel e photoshop… c’è un atto istintivo che procrastina la narrazione del ritratto all’infinito, come in un clic, il clic definitivo. Mummie-Savoca-copia

Il desiderio profondo di sopravvivere a se stessi, prolungando il proprio corpo al di là d’ogni barriera temporale, esorcizzare la caducità di un’esistenza in forme biochimiche sostituendola con l’essenza della pietrificazione che, scarnificando il bio, salva l’immagine e con essa la volontà d’aggrapparvisi in eterno, è cosa da pazzi, ma anche assai diffusa, dai faraoni a Faust, dai corredi funebri a Dorian Gray.

La pazzia di essere eterni è del Re, dell’Imperatore, del capo in quanto tale; il miserabile non vi aspira, prende quel che c’è, non vuole un monumento alla sua sciagura, non vuol diventare un Prometeo incatenato, gode delle pause in cui l’aquila è lontana semmai, e non banchetta con la sua carne viva; s’approfitta di quel che viene, pretende al massimo poco più, serene esistenze ad esempio, anche brevi s’è il caso, altro che vite eterne.

Che fine ha fatto Baby Jane? è invece roba da giorni nostri, da maquillage dovuti e ricercati, perché si nasconda la cosa più vera: che, in definitiva, ci apparteniamo per poco più di uno sbadiglio.

Palazzolo, che nemmeno nei più audaci voli pindarici riesce a rassomigliare alla Veronica, quando scende nella cripta dei Cappuccini di Savoca, fa una semplice operazione, chiude il cerchio. Illustra l’illustrazione, amplifica e mette il Re a nudo, denuncia la pazzia di conquista dell’eterno, mostrandoci il volto tumefatto e scarnificato del tentativo fallito. Chiude il cerchio, dico, di un giro ampio che dura millenni, dal lenzuolo della Veronica, che voleva in realtà nascondere l’orrore del martirio per preservare la bellezza della memoria, ottenendo l’opposto paradossale, il martirio post-mortem, la tecnica brutale che precede la tragica consapevolezza della morte dell’immortalità.

È dunque un cerchio chiuso, il tempo dell’immortalità, un cerchio che è la dimensione di ciò che si può spezzare, proprio come quelli incisi sulla sabbia da Archimede, a due passi da dove Palazzolo è nato, ucciso dalla barbarie per essersi distratto in una formula geometrica, per essere rimasto in contemplazione del giro perfetto. Il cerchio chiuso, dunque, la metafora di come le cose degli uomini possano essere mirabilie poetiche, maraviglie ed armonie in forme perfette, frutto esclusivo della ricerca del bello, ma che poi si trasfigurano nel potere e nel possesso e nella conseguente maledizione di portarseli dietro per sempre, in un’orgia di devastazione e di corruzione che quel cerchio spezza, definitivamente, nel semplice tempo d’un batter di ciglia.

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Invito mostra palazzolo1Un evento prezioso quello del 9 luglio alle 18,00, presso i locali del Museo Archeologico del Casentino Pietro Albertoni, in via Berni, 21 a Bibbiena (AR). Ad aprire la Notte Bianca nel borgo toscano, un evento che si snoda su più momenti legati dal fil rouge della qualità, della suggestione artistica, della sorpresa. Milleforme ha messo insieme esperienze diverse a cominciare dalle fotografie di marmi e mummie di ALDO PALAZZOLO (sarà presente all’inaugurazione), introdotto da Elisabetta Gangi. Immagini il cui commento è affidato alla chitarra del M° CARLOS ALBERTO BARBATO ed alle letture di EMMA CARDILLO.12993501_10209265356700550_8022277791874174667_n Il fotografo siciliano è fra i testimoni più importanti del nostro tempo avendo immortalato i più grandi protagonisti del mondo della cultura contemporanea. Personaggi illustri ma anche sconosciuti, ma anche dettagli sorprendenti ed inconsueti che racchiudono storie, segreti, interessanti sempre. Immagini che inquietano profondamente e spesso, quasi sempre anzi, seducono. Nel 1989 il critico Peter Weiermair lo segnala fra i ritrattisti più importanti al mondo allestendo l’esposizione e il catalogo per “Il ritratto nella Fotografia Contemporanea” con artisti come Andy Warhol, Robert Mapplethorpe, Annie Leibovitz, Bruce Weber, Mary Ellen Mark, Cleg & Guttman, Lynn Davis, Thomas Ruff. Ha esposto in manifestazioni di prestigio internazionale: da Arles, dov’è presente nel 1992 con una grande personale, alla Biennale di Venezia, ai festival di fotografia di Amsterdam, Liegi, Montpellier etc. Dal ’90 in poi vira verso una ricerca personalissima che lega l’elaborazione della foto alla riflessione sulla luce e sull’alchimia che denomina “Liquid Light”. È stato fotografo di scena nel film “Il Garofano Rosso” ed ha curato le scenografie degli spettacoli “Change de Peu” a Geneve e “Le vecchie e il mare”, dal testo del poeta greco Jannis Rytsos, a Catania e Genova. Autore dei video-ritratti dedicati a Manlio Sgalambro, filosofo catanese, ed Enzo Sellerio, fotografo e fondatore dell’omonima casa editrice palermitana. Ha fondato la rivista di arte e cultura internazionale Charade. Ma le suggestioni non terminano qui, proseguono nelle Milleforme delle cose che catturano, con le note che girano il mondo dei VALLE SANTA CORDE, vallesanta_fruehjahrstour-563x270note calde e virtuose, ma anche trasognate come soltanto può evocare chi suona con una certa sublime qualità dell’anima

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Cosa c’entrano le immagini di “Passeggeri incogniti”, la mostra fotografica di Giancarlo Gonnelli che racconta l’essenza narrativa di scorci di vita quotidiana che si dipanano sotto sguardi distratti, con la disamina attenta e puntuale che Giorgio Bellucci, nel suo libro “Critica del monetarismo e dei derivati di credito”, fa delle dinamiche finanziarie ai “tempi” delle grandi crisi economiche globali? LOcandina-Bellucci-GonnelliSemplicemente che tempi e ritmi di quel quotidiano “invisibile” che la sensibilità artistica di Giancarlo Gonnelli rende nella sua suggestione poetica agli occhi degli altri, finiscono inevitabilmente per dipendere proprio da quei massimi sistemi che Giorgio Bellucci racconta nel suo libro con un linguaggio semplice ed incisivo. Ma c’è dell’altro che accomuna questi due diversi approcci nel raccontare storie, ed è la capacità di disvelare mondi: il primo, quello che Giancarlo Gonnelli ci mostra nelle sue immagini, non è occulto, incomprensibile, ma diventa tale nell’istante in cui i tempi e i modi cui siamo costretti a sottostare, non ci consentono di fermarci a riflettere sulla complessità dei dettagli che si palesano ai nostri occhi, e che divengono così un tutto indistinto dove l’unica certezza che abbiamo è il nostro rapidissimo andare oltre, come quando osserviamo il paesaggio vorticoso che scorre dai finestrini di un treno ad altissima velocità; ma anche Giorgio Bellucci ci racconta di un mondo invisibile, un mondo che condiziona profondamente il nostro vissuto quotidiano, ma che sembra essere lontanissimo ed incomprensibile, persino oscuro nei suoi tratti salienti, incomprensibile e criptico nei suoi meccanismi che talvolta si palesano solo per i loro devastanti effetti sulle moltitudini delle donne e degli uomini di questo pianeta. Non è stato così difficile proporre queste due visioni in un unico momento, quello che Milleforme e la Pro Loco di Colle Val d’Elsa hanno individuato per il 25 giugno 2016 alle 17,30, presso il Palazzo dei Priori, in via del Castello, 29 a Colle Val d’Elsa (SI). Vi aspettiamo.

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