Al parlar di genti e di terre – dal 28 gennaio

Posted By milleforme on Gen 24, 2016 |


Il 28 gennaio 2016, alle 19,00, presso il Ristorante la Tavernetta, in via 28 Agosto, 15, nel centro storico di Bibbiena, Milleforme presenta la personale di Pierluigi Ricci. E’ possibile prenotarsi per partecipare al successivo giropizza scrivendo a Milleforme ([email protected]) oppure telefonando a La Tavernetta 0575593627. Sarà l’occasione per condividere, in una prospettiva di convivialità, le prerogative culturali di un artista eclettico che racconta coi suoi quadri e la sua musica le sue genti e la sua terra.Mostra-Pierluigi

“A noi piace perché per lui non c’è posto. Non nel mondo che conosciamo. Non nelle città alveare, non dove l’imperativo è il consumo. Non in una società che riconosce i meriti solo in base ai titoli, ai crediti, alle certificazioni accademiche. A noi Pierluigi Ricci piace perché è nato altrove, perché ha una pittura che viene da un’altra parte. Sarebbe troppo facile dire dalla strada, troppo facile, troppo metropolitano e troppo yankee. No, Pierluigi Ricci viene da Pratieghi, dall’Appennino, da quel territorio sospeso tra Valtiberina e Montefeltro i cui paesaggi fanno comprendere la pittura di un altro tempo: tu guardi quelle vallate e sai dove vengono i paesaggi di Piero della Francesca. Ovvio, Pierluigi Ricci non è Piero della Francesca, il tempo ha valore semantico e geografico, oltre alla distanza del sentimento e del talento, ma lo sguardo ha visto la stessa terra. L’ha respirata. Non l’ha dimenticata più. Non tutti gli artisti delle golene del Po sono Antonio Ligabue, né tutti coloro che hanno vissuto nelle campagne dello Yorkshire e del Sussex sono William Turner,, ma tutti parlano delle terre dove sono nati o che più di altre hanno saputo accoglierli. Non si sfugge. Nel male. E nel bene. Ecco, io ho conosciuto le valli d’Appennino e il tempo di Pier Luigi Ricci e saprei leggerne le geografie nel tratto. È accaduto dal primo suo lavoro che ho visto. Ne colgo il filo in tutte le sue opere. Così come nelle pennellate di Pierluigi Ricci avverto la vita, l’apprendimento nella quotidianità, nell’esperienza. Imparare da soli lascia lacune, ma apre profondità: se infili il dito nella lacuna indichi solo un vuoto da colmare, facile da colmare, se punti il dito nella profondità puoi trovare l’abisso e lì perderti. E amarne l’arte. Di pitture e pittori capisco poco, di arte pure. In Italia c’è un altro Marziani, Gianluca, che è critico apprezzatissimo. Io sono un narratore, uno storyteller, direbbero gli americani. Quindi non so dare valore all’arte e neppure mi importa. Ma so capire la forza dell’artista, quella violenza dell’espressione che, nel caso di Pierluigi Ricci, si lega a una vita che non vuole e non sa tradire la montagna, l’Italia del retrobottega, della durezza degli spigoli, dalla quale proviene. (…) Quelle idee e quei segni che ci dicono che ancora c’è possibilità per un’arte sul confine, non necessariamente da una parte o dall’altra. Sospesa. Ed autentica. Popolare persino. (Michele Marziani)